Sono oltre ventanni che la città vede abbassare definitivamente saracinesche di negozi e botteghe, spesso storiche, nella totale indifferenza generale. Il grido di allarme e la sofferenza di artigiani e commercianti della città di Taranto non inizia certo oggi, ma è un’inascoltata agonia di molti anni. La realtà è davanti agli occhi di ognuno - afferma Domenico D’Amico, Presidente di Confartigianato Taranto. Nel borgo la percezione della gravità a cui si è giunti è evidente, impensabile ma vero, con gran parte delle vie consegnate al degrado e/o al commercio extracomunitario. Il cosiddetto “salotto buono della città” ha oggi dimensioni molto ristrette. Non occorre elencare le vie abbandonate a loro stesse, la crisi delle serrande chiuse ha colpito anche le più rinomate vie commerciali.
Questo è il segno, l’ennesimo, di una città che commercialmente è asfittica, in crisi, allo stato dei fatti con pochissime prospettive di ripresa. Tutta colpa della crisi della grande industria? Dell’e-commerce? Il declino parte da lontano, ma attenzione al convincimento che la responsabilità sia solo della crisi generalizzata in tutta la nazione. Chi è abituato a guardare anche fuori dalla nostra realtà si potrà rendere conto che non ovunque è proprio come da noi: a Bari, Lecce, Brindisi, addirittura Matera, la crisi c’è ma è arrivata anche la ripresa, il rilancio, l’inversione di tendenza. Evidentemente quelle comunità si sono date da fare, hanno progettato e realizzato.
Allora è giusto che si faccia una seria riflessione su cosa sia stato fatto nel concreto, di realmente percepibile, per rilanciare le attività produttive e l’attrattività del centro, quali idee sono state messe in campo, negli anni, per aiutare la categoria degli esercenti e cosa si potrà fare per questa categoria, comunque in crisi anche d’identità propria (quali prodotti, quali arredi, quali immagini per i negozi?). Il dato di fatto è una forte crisi, e se una città muore commercialmente, per lei il futuro è segnato. Ma quali le ragioni? Una su tutte – continua D’Amico - macroscopica, gigantesca, ripetuta mille volte da tutti, esercenti compresi: la grave aritmetica mancanza di parcheggi disponibili in centro, oltre a quelli dei residenti, che ha agevolato e condizionato i flussi di acquisto verso i centri commerciali. Quindi, ciò che manca sono le aree di sosta disponibili per gli avventori dei negozi, e negli anni si sono addirittura erosi quei numeri per le trasformazioni stradali e piste ciclabili. Su questo crediamo (almeno speriamo) siamo tutti d’accordo. E quindi, una volta sperimentate e risperimentate le varie soluzioni per disincentivare la sosta dei residenti (l’ultima quella di dicembre scorso), poi puntualmente (anche giustamente a seconda dei punti di vista) fallita, si è sempre ritornati miseramente allo status quo, con grossolane marce indietro per quanto riguarda i residenti (“i residenti votano” è la triste giustificazione di qualcuno), mentre comunque ci restano nuovi chilometri di strisce blu a pagamento in vie dove, veramente, si fa fatica a comprenderne lo scopo se non si vuol pensare esclusivamente alla necessità di fare cassa. Una programmazione di park&ride (ottima soluzione) che però viene incomprensibilmente avviata iniziando dalla fine, forse perché economicamente più facile da realizzare: viale Magna Grecia e Corso Italia, per intercettare il flusso proveniente da viale Jonio anziché intercettare i grandi flussi di auto provenienti dai versanti orientale ed occidentale attraverso i “promessi parcheggi di scambio” di Cimino e Porto Mercantile. Comunque la si pensi, l’unica cosa chiara, altrimenti non staremmo a riparlare della situazione, sono gli effetti: si scoraggia il raggiungimento del centro, visto che, dalle nostre parti, il cittadino avventore (la grande maggioranza) è abituato e soprattutto disposto ad andare a fare compere con la propria auto e non con i mezzi pubblici o in bicicletta e quindi va alla ricerca delle comodità, in primis parcheggio disponibile, opzione ovviamente sempre presente nei centri commerciali. E poi la carenza di arredo urbano, la sporcizia che molto spesso regna nelle strade nonostante l’impegno della municipalizzata preposta, le scritte che deturpano ogni angolo e la sensazione di sciatteria e trascuratezza, tutta colpa di una cultura del menefreghismo e strafottenza propria di alcuni tarantini, tanto per parlar chiaro. Ed ancora la crescita senza senso degli spazi commerciali esterni: Taranto è circondata, ogni via di penetrazione ha i suoi centri commerciali, grande e media distribuzione che ormai vende e promuove di tutto, abbigliamento compreso; ovunque si offrono posti auto gratuiti, pulizia, fresco d’estate e caldo d’inverno. L’accoglienza è il loro mantra progettuale. E altre saranno in progetto, statene certi. Ok, è il futuro, la tendenza dell’economia, il progresso. Si, ma il centro? Saracinesche abbassate e luci spente.
La soluzione? Nel nostro piccolo ci siamo rivolti a vari tecnici, abbiamo cercato di capire come hanno fatto in altre parti, la risposta è stata chiara, scontata: gli AUTOSILO, li hanno costruiti in tante città che hanno risolto il problema. Possono essere costruiti dalle Amministrazioni comunali ed anche da privati. Perché a Taranto non li avete fatti? Ci hanno chiesto. Allora ci viene in mente la sorte dell’immobile ex UPIM in Piazza Ramellini, cosa dobbiamo pensare!? Visto che la soluzione tecnica c’è, perché il Comune non ha mai messo in campo anche simili progettazioni e realizzazioni?
La situazione di oggi richiede schiettezza e parlar chiaro. Le nostre imprese ci dicono di stare a navigare nel buio, abituati da sempre a fare previsioni e sulla base di queste a fare investimenti importanti di migliaia di euro; già da diversi anni ormai, e ancor peggio dopo il covid, non è possibile fare nessuna previsione. Il colmo è che nel 2022 stiamo ancora tutti ripetendo che serve studiare qualcosa, agire subito, perchè la nostra città è storicamente fondata sul commercio, ed è proprio dal commercio che deve trarre immagine e sostentamento.
Al Commissario prefettizio, sempre per parlar chiaro, non abbiamo ovviamente da addossare alcuna responsabilità su come si è arrivati alla grave sofferenza di molti settori del commercio e dell’artigianato della città. Al Commissario abbiamo però chiesto e continuiamo a chiedere quel coraggio necessario per comprendere la delicata situazione e porre alcuni rimedi concretamente possibili che aiuterebbero, anche psicologicamente, questi incrollabili piccoli imprenditori che ancora resistono nell’alzare quotidianamente la serranda, difficilmente ascoltati e presi in considerazione se non in campagna elettorale. Al Commissario chiediamo non modifiche ma annullamento delle delibere di Giunta comunale di aprile e novembre 2021, istitutive delle incomprensibili ed ingiustificabili nuove strisce blu e le rimodulazioni orarie e tariffarie (sperimentati già da quasi tre mesi senza il riscontro di alcun beneficio per viabilità e parcheggi in centro e non solo); abbassamento delle aliquote dell’imposta sui rifiuti (TARI), ancora oggi fissate ai massimi livelli, nonostante fossimo usciti dal dissesto ed avessimo attuato la raccolta differenziata in buona parte del territorio. L’auspicio è –conclude D’Amico– che nei vari programmai elettorali (da rispettare poi) siano ben snocciolati visione, idee e progetti per risollevare le sorti delle attività produttive del territorio. Come Confartigianato abbiamo le idee chiare e siamo a disposizione di tutti per un proficuo confronto, prima e anche dopo le elezioni.