I dati sui voucher emersi in questi ultimi giorni con tutta la polemica a seguito, evidenziano il costante incremento di utilizzo, con un aumento del 32% rispetto al 2015, che a sua volta aveva fatto registrare un più 67% sul 2014. Un vero e proprio boom. Questo dato evidenzia anche – commenta Francesco Basile, Presidente dei Manutentori Impianti di Confartigianato Taranto -  come le imprese manifestano con forza l’esigenza di coniugare flessibilità e costo del lavoro per rispondere nel migliore dei modi alle esigenze del mercato.

  Entrando più nello specifico dei voucher,  chiamati anche buoni-lavoro - secondo il dirigente di Confartigianato - è evidente che lo strumento in questi anni abbia subito varie evoluzioni, perdendo nel tempo la sua originaria valenza, che era quella di remunerare prestazioni accessorie, meramente occasionali. Il boom di questi ultimi anni, spinto da una normativa che ormai pone solo un limite economico per il loro utilizzo, ha comunque consentito a molte imprese di inserire al proprio interno personale in regola, coperto sia dal punto di vista previdenziale che assicurativo. Tuttavia, se vogliamo parlare di buona occupazione, di investimento nella formazione continua del personale, non possiamo pensare che i voucher diventino lo strumento principale di inserimento in azienda: i buoni-lavoro devono consentire alle aziende di rispondere a esigenze improvvise e per prestazioni occasionali, contando in tal caso su un costo più che accettabile. Però, secondo Basile, il tema di fondo che sta a cuore a noi imprese artigiani e piccole imprese, ed è il principale deterrente che impedisce l'inserimento di personale stabile, è l’elevato costo del lavoro. Prendiamo una retribuzione lorda mensile di 2mila euro, riferita al settore artigiano: è inconcepibile che il costo per l’azienda sia superiore ai 3mila euro, mentre il lavoratore di euro ne porta a casa netti 1.530.  Bisogna ripensare a interventi strutturali che rendano tutto ciò meno costoso, sia per le imprese che per i dipendenti. Le assunzioni a tempo indeterminato nel 2016 sono diminuite di oltre il 30%, una contrazione dovuta principalmente all’abbattimento degli incentivi previsti nel 2015 e fortemente ridimensionati nel 2016. Addirittura, nel 2017 viene abolito l'esonero contributivo per le aziende che volessero assumere a tempo indeterminato lavoratori privi di un precedente rapporto di lavoro simile, di fatto privando le imprese di un'agevolazione che negli ultimi due anni ha contribuito a creare centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro stabili.

Perciò, se le imprese hanno l’esigenza di coniugare flessibilità e costo del lavoro e se sulla flessibilità il Jobs Act ha previsto una serie di strumenti a favore delle aziende, per Confartigianato ancora troppo poco è stato fatto sul versante della riduzione del costo del lavoro e della differenza tra la retribuzione netta percepita dal lavoratore e il costo per l’azienda.Il Governo – afferma Basile - deve assolutamente intervenire per ridurre questo gap. Inoltre, sia la Legge di Bilancio dello scorso anno e sia quella del 2017 hanno puntato molto sulla detassazione dei premi di produttività erogati ai dipendenti: un fatto positivo per il lavoratore, però ai fini del costo del lavoro l’operazione è neutra per l’azienda, dato che sui premi si pagano regolarmente i contributi. Auspichiamo perciò che si torni a parlare anche di decontribuzione dei premi di produttività, come avveniva fino al 2015: in tal modo anche l’azienda otterrebbe un beneficio tangibile.La preoccupazione sulle politiche relative al costo del lavoro e all'inserimento dei talenti nelle piccole realtà aziendali rimane viva.  Sentiamo forte il dovere di richiamare tutta la politica quella nazionale, regionale e locale, a essere più vicina alla realtà, magari anche provando a passare un periodo in una piccola azienda per capire come imprenditori e lavoratori sostengono questo Paese. Le nostre imprese sono disponibili, magari anche con qualche voucher.